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giovedì 17 dicembre 2015

Masterchef e la memoria

Stasera comincerà la quinta stagione di Masterchef Italia. Certo, con novità di rilievo (lo Chef Antonino Cannavacciuolo in veste di predestinato quarto giudice). Certo, il tutto sarà condito da storie sempre più coinvolgenti, adatte a un pubblico ormai avvezzo ad imprevedibili colpi di teatro e assai compiaciuto nello stanare astuti tentativi di inganno mediatico.
Lo ammetto, io mi diverto a guardare Masterchef, mi piacciono le smorfie dello Chef Barbieri, mi diverte il sarcasmo un po' forzato dello Chef Cracco, mi fa ridere l'improbabile linguaggio di Joe Bastianich, che quasi si compiace di non migliorare affatto da un'edizione all'altra del programma.
Non ultima, c'è una sorta di godimento intellettuale nel fare, di ogni puntata, una personale analisi semiotica e sociologica, alla luce di quanto scrisse, con acume e grande intelligenza, Gianfranco Marrone qualche tempo fa. In altre parole, ho sempre subito il fascino del trash - chi mi conosce lo sa bene - e Masterchef mi incuriosisce come fenomeno mediatico e sociale.
Ma noi, "Partigiani a tavola", siamo altrove. Siamo sul bancone della storica trattoria Fantoni di Bologna, in via del Pratello, tra la cassa e una tazzina da lavare. Siamo con i pochi volontari dell'ANPI che ancora hanno il coraggio e la forza di ricordare, attivarsi, organizzare... Siamo nei locali libertari come La Scighera di Milano dove, alla fine di una presentazione, ci si ritrova con persone straordinarie a parlare di vite diverse, ma uguali, e di progetti per il futuro davanti a un piatto di riso al salto che fa sentire accolti. Questa è la cultura del cibo che portiamo avanti, costruita su relazioni autentiche, su incontri pieni di significato, in equilibrio tra la
memoria di ciò che siamo stati, la consapevolezza di ciò che siamo e il desiderio di vedere ciò che stiamo per diventare.
(LC)
Partigiani a tavola alla Trattoria Fantoni di Bologna, in via del Pratello (foto di Fausto Lupetti)

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