Pasqua. È tempo di anolini.
Qui da noi, nella Bassa parmense, gli anolini si mangiano di
magro, ripieni di pane scottato nel brodo e di Parmigiano Reggiano. Senza
carne, perché un tempo costava troppo, ma non si poteva rinunciare a una pasta
ripiena che è il segno della festa, della condivisione, dello stare riuniti
intorno a una tavola.
Quand’ero bambina, la mia nonna stendeva sulla spianatoia
centinaia di belle panciotte ripiene, pronte per essere buttate nel brodo. Ma
noi tutti sapevamo che tra di loro si celava un’insidia, un illusorio “bugiardo”.
Questo era un anolino che faceva mostra di essere ben pieno, ma a differenza degli
altri era gonfio di grezza pasta. Chi l’avrebbe trovato, sarebbe stato
considerato l’impostore dell’anno, colui che, in quel lasso di tempo, aveva più
volte mentito.
Nessuno voleva diventare “il bugiardo”. E allora cominciavano
le occhiate indagatrici, lo studio accurato di ogni prominenza sospetta
galleggiante nel piatto (la pallina di impasto raramente si deformava in
cottura, ma a questa raffinata analisi, che richiede occhi esperti e ventri non
troppo ingordi, si giungeva solo da adulti) o l’osservazione di eventuali
smorfie sui volti degli altri commensali, perché potevano rivelare a un tratto una
sgradita sorpresa.
E qui comincia il paradosso: quando uno trovava “il bugiardo”
poteva scegliere, infatti, se tenere la notizia per sé oppure manifestare all’intero
consesso la propria spiacevole sorte e condizione. Nel primo caso, dunque, egli
era davvero mendace, ma partendo dal presupposto che nessun altro, a parte lui,
poteva sapere a chi fosse toccato il sedicente anolino, la dissimulazione ne
vanificava l’effetto di disvelamento. Nel secondo caso, invece, (come sarà
ormai a tutti evidente) confessando l’accaduto, il malcapitato diventava
subitaneamente onesto, purificandosi da ogni falsità trascorsa con un rituale alimentare
che univa, tanto per cambiare, cibo e parola.
Lascio ai filosofi di trar le conclusioni, perché io nelle
confutazioni mi son sempre persa, ma son sicura che, se Zenone fosse nato nella
Bassa, si sarebbe interrogato sul paradosso dell’anolino bugiardo.
(LC)
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